La pazienza del navigante

12 febbraio - Siamo in rotta per Messina dove arriveremo in mattinata, ospiti della Marina Militare nella Base Navale di Marisicilia, all’ombra di Forte San Salvatore. Partiti da Crotone con onda in prua, nel golfo di Squillace abbiamo accostato per portarci più sotto costa dove le condizioni del mare erano migliori. A bordo con noi ci sono i ragazzi del nautico di Crotone sui quali il mal di mare ha prodotto un effetto paradosso: ha scatenato la fame. Risultato: assalto alla cambusa. Tra le cose belle di questo viaggio ci sono sicuramente loro, i ragazzi degli istituti nautici. Quelli di Venezia, di Trieste, di Termoli, di Manfredonia, di Gallipoli, di Crotone e tra poco quelli di Riposto e poi di nuovo quelli di Manfredonia, Carrara, La Spezia. Ragazzi normalissimi, quasi tutti al loro primo vero imbarco. Tutti disponibili a vivere l’avventura che, in mare, significa anche imparare ad aspettare e saper accettare i limiti, primi fra tutti imposti dal meteo. Ci vuole «la pazienza del navigante», la chiama il nostro comandante.

5dc1cd92-7011-4608-8c05-5c96ef85c225.jpg

Alcuni la pazienza, cioè la capacità di accettare e sopportare con tranquillità, moderazione, senza reagire violentemente, i disagi, le contrarietà ce l’hanno di natura, altri l’acquisiscono strada facendo, altri ancora non l’imparano mai. Questi ultimi non saranno mai dei bravi naviganti. Perché  ci vuole pazienza, tanta pazienza per navigare. Accettare con tranquillità di dover cambiare i programmi se le condizioni meteo non sono favorevoli (e nei prossimi giorni con le buriane in arrivo in Tirreno ce ne vorrà di pazienza). Moderare le proprie reazioni per non rompere l’armonia a bordo è un altro esercizio di autocontrollo fondamentale . Reagire con calma a tutte le situazioni di disagio, alla fatica, al freddo, agli imprevisti è un modo di essere pazienti. In buona sostanza, la pazienza è la capacità di accettare i limiti che la natura e la convivenza con gli altri ci impongono. Vi pare poco? Be’ non lo è. Siamo tutti continuamente sollecitati ad andare veloci, ad essere «performanti», ad andare oltre i limiti, costi quel che costi. Tutto attorno a noi, e soprattutto attorno ai ragazzi, è un invito a essere No Limits. Se non ce la fai, se non riesci a tenere il ritmo sei fuori. La lezione del mare invece è un’altra: decidi la tua rotta, percorrila, impara strada facendo e sappi che ci sono limiti che dovrai accettare.

Accettare un limite non significa fallire ma solo fermarsi. Per poi ripartire se, e quando, si sarà pronti o le condizioni esterne lo permetteranno. Il mare ci ricorda ogni istante che non siamo onnipotenti, che non possiamo tutto, che ci sono degli ostacoli che richiedono pazienza e tempo per essere superati. «Misurandosi con l’ostacolo l’uomo scopre se stesso» ha scritto Saint Exupery nel bellissimo libro Terra degli uomini (se non l’avete mai letto, fatelo). Questo è il nucleo fondamentale della cultura del mare: essere uomini che si misurano con l’ostacolo. Uomini, appunto, non superuomini.  Questa è la lezione del mare. E detto questo aspettiamo con pazienza che il meteo migliori e ci organizziamo per una sosta che sarà più lunga. Chissà che non si riesca ad andare ai Cantieri Russo dove la nostra goletta è stata costruita. A volte sono le soste obbligate che ti riservano le sorprese più interessanti.

commenti sul blog forniti da Disqus