MARTIN L'INGLESE E LA GENTE DEL PORTO DI AGROPOLI
Una bara portata a spalla da quattro
uomini vestiti di nero percorre il molo del porto seguita da un corteo funebre.
Davanti ci sono due donne straniere, inglesi, dietro molti cittadini di
Agropoli. Siamo nel Cilento, il mare è blu da spezzare il cuore. Il corteo si
ferma davanti a una piccola barca da pesca, qualcuno suona il silenzio. In
piedi sulla barca un uomo con una maglia a righe, sicuramente un pescatore, fa
il saluto militare. Il suono del silenzio si spegne. La cerimonia è finita,
Martin saluta la sua barca, il mare, i suoi amici pescatori. E che lo faccia da
dentro una bara è solo una beffa del destino, o forse la logica conclusione di
una vita che a un certo punto è andata storta.
Da dove cominciare per raccontare
la storia di Martin, l’inglese del porto di Agropoli? Dall’inizio? Per quel poco
che si sa, ci proviamo. Era originario Chiswick, distretto della zona suo
occidentale di Londra. Gli appassionati di rock se lo ricorderanno perché lì
sono nati il bassista e il batterista degli Who e Phil Collins, il cantante dei
Genesis. C’è nato anche Martin nel 1965 da padre di origini italiane, di
cognome faceva Meazza. Il nome completo dell’inglese del porto di Agropoli era
dunque Martin Ian Alan Meazza. Per tutti era Martin l’inglese. Era partito dall’Inghilterra
a piedi, nel 2010. Aveva camminato, dormito dove capitava, mangiato quando
poteva. Era stato derubato, malmenato, scansato. Era in cerca, pare, delle sue
radici familiari, suo nonno era emigrato dall’Italia. E alla fine era arrivato
ad Agropoli.
Una tipica città del sud dove la storia si è stratificata: ci sono
passati greci, vandali, longobardi, bizantini, saraceni, angioini, aragonesi. C’erano
arrivati anche gli inglesi, certo. Durante la Seconda guerra mondiale, dopo lo
sbarco a Salerno, pare che proprio ad Agropoli ci fosse un nucleo dell’intelligence
britannico. Anche Martin era un soldato ma aveva combattuto in una guerra più
recente, quella nella ex Jugoslavia. Martin era un paracadutista e che cosa ha
visto in quella guerra non si saprà mai, ma è stato abbastanza per mandarlo
fuori di testa. Diagnosi: stress post traumatico. Il minimo che ti possa venire
se hai combattuto in Bosnia e hai visto la pulizia etnica, i bombardamenti, i
cecchini, le donne stuprate, i civili e i soldati massacrati. Dopo nove anni
nell’esercito e tre di guerra in Bosnia aveva lasciato la forza armata e aveva
cominciato la sua vita da sbandato lasciandosi alle spalle la moglie e i figli.
Un inglese come quello ad Agropoli non l’avevano mai visto. Un homeless, un
senza casa, un barbone, che dormiva al porticciolo, campando di qualche lavoretto
e di carità. Un uomo gentile, strano sì ma gentile. Alla fine la gente del
porto l’ha adottato, e gli ha dato una barca dove poter dormire e rifugiarsi perché
il peggio della vita di strada è che sei sempre sotto gli occhi di tutti,
invisibile e troppo visibile allo stesso tempo. Per quattro anni Martin l’inglese
ha vissuto nel porto, trovando un po’ di pace dai suoi fantasmi. Aveva anche un
cagnolino, un randagio come lui. Era amico dei pescatori, degli ormeggiatori,
dei marinai, di quello strano popolo che è la gente del porto. Lo conoscevano
tutti e tutti gli davano una mano. Il 29 maggio 2014 si era messo a pescare sul
molo, aveva scambiato qualche parola in quel suo buffo italiano con altri
pescatori e poi aveva messo la muta e preso le bombole per immergersi. Poco
dopo i pescatori hanno visto il suo corpo galleggiare. Qualcuno ha subito
chiamato il 118, altri sono saliti in barca per tirarlo fuori. I tentativi di
rianimarlo lì sul molo. Niente. Martin l’inglese se n’è andato così, nel mare
di Agropoli sotto lo sguardo impotente dei suoi amici. Il resto è cronaca, il
comunicato della Guardia costiera, l’inchiesta, l’arrivo della sorella e della
nipote dell’Inghilterra, il Comune che generosamente paga i funerali di questo
cittadino del mondo, e infine il passaggio della bara davanti alla barca che
era stata la sua ultima casa. Una storia di mare, di generosità, di
accoglienza. Una storia triste e bella. La storia di Martin l’inglese.