STRAULINO, FIGLIO DEL MARE, PADRONE DEL VENTO

di Giuliano Gallo
 

Agostino Straulino a dieci anni con le sorelle

«Sono nato in una comunità di marinai, e i miei genitori non persero tempo a gettarmi nelle braccia del mare. Se non fossi riuscito a volergli bene mi avrebbero probabilmente sfracellato, gettandomi da un'altissima rupe». Così, con la sua ironia scabra e acre, Agostino Straulino descriveva il suo destino.
Il più grande velista italiano, che è stato forse anche uno dei più grandi marinai di tutti i tempi, lo considerava un destino ineluttabile. Un destino intrecciato con quello della sua terra natia, Lussino: un'isola di appena ottanta chilometri, che però a metà Ottocento vantava 150 velieri e quattro cantieri capaci di costruirli. «Il mare lo amai subito, e così forte che rimane ancora l'unica vera passione della mia vita», diceva. Un amore in qualche modo ricambiato: nella sua lunga vita l'ammiraglio Straulino, Tino per gli amici, sul mare ha vinto tutto quello che si poteva vincere: una medaglia d'oro alle Olimpiadi di Helsinki del 1952, una d'argento a quelle del '56 a Melbourne, quattro volte campione del mondo con le Star, dieci volte campione europeo, dodici campione italiano, un campionato del mondo One ton Cup. Ma quando gli chiedevano come avrebbe voluto essere ricordato, rispondeva sempre: «come ufficiale di Marina». Perché la Marina militare era il suo amore. Primo comandante del Corsaro Secondo, che aveva portato dall'Italia fino ad Honululu, indimenticabile comandante dell'Amerigo Vespucci, con il quale era uscito a vele spiegate dal porto di Taranto, impresa che nessuno ha mai più replicato. Fino alla sua ultima regata, vinta a Napoli quando aveva 88 anni. Era ormai cieco, quel giorno, ma non aveva importanza. Perché lui il mare non aveva bisogno di vederlo. Lo sentiva.

Aveva imparato nei due anni di vagabondare con Lanzarda, una piccola barca di cinque metri fra le isole della Dalmazia. Un regalo che suo padre gli aveva voluto fare dopo il diploma. «Prenditi la barca e vai», gli aveva concesso papà Pietro, «hai due anni di libertà assoluta». E lui se n' era andato, con il suo amato bracco Marks e una sacca di vestiti. Due anni a navigare, a pescare, a vivere barattando il pesce e riparandosi nelle baie quando il vento era troppo. Due anni che avevano segnato tutta la sua vita. Ma forse era cominciato tutto ancora prima, quando papà Pietro, mentre navigava al comando del suo grande veliero, aveva costruito nella stiva una minuscola barca di legno, due metri e mezzo appena. Al suo ritorno l'aveva consegnata a Tino, che aveva solo cinque anni. «Arma e vai», gli aveva semplicemente detto lo zio Joe, anche lui comandante di velieri. L'aveva chiamata Sogliola quella prima barca, perché era bassa sull'acqua, ed era andato, attorno a Lussino e lungo il grande fiordo dove sorge il paese. Estate e inverno, senza temere mare e vento. Felice, come in tutti gli anni che sarebbero venuti.

 

Giuliano Gallo, giornalista, scrittore e velista. Autore di Il padrone del vento. La lunga vita felice di Agostino Straulino,

Qui sopra: Agostino (Tino) Straulino a bordo di una Star. A sinistra la Lanzarda la passera su cui vagabondò per due anni tra le isole dalmate (dal libro Il padrone del vento, Nutrimenti)

Qui sotto: la celebre uscita a vela dal porto di Taranto.