Varese, Mediterraneo

Da sette anni a questa parte un centinaio di irriducibili si ritrova a Varese per il convegno  «Tra legno e acqua», organizzato dall’AVEV Associazione Vele d’epoca Verbano. Sono donne e uomini che non si rassegnano a vedere andare in malora il patrimonio nautico, di mare, di lago e di fiume.Tra marinai d’acqua dolce e di acqua salata si è formata un’alleanza trasversale per il salvataggio delle barche, e già questa è una gran cosa. Ma ancora più interessanti sono le potenzialità che questa rete tra lupi di mare e volpi di lago (l’espressione è del professor Armocida che ha aperto i lavori) lascia intravedere.

È stato l’intervento di Roberto Biscardini, presidente dell’associazione Riaprire i Navigli di Milano a darci lo spunto per nuove riflessioni. Chiedetevi: dove finisce il Mediterraneo? Oggi per l’Italia finisce sulle coste ma per millenni finiva nel cuore della pianura padana e dell’Europa grazie alla rete di fiumi, canali, laghi attraverso i quali viaggiavano le merci, gli uomini, le idee, le culture che arrivavano dal Mare Nostrum. Qualche numero: nella sola Lombardia ci sono 140 chilometri di canali potenzialmente navigabili. Otto nella sola Milano. Da Lugano a Venezia, e da Colico a Venezia ci sono potenzialmente 1000 chilometri di vie d’acqua da percorrere. Una rete che non avrebbe niente da invidiare ai sistemi di canali di altri paesi. Eppure nessuno se ne occupa, le vie d’acqua italiane sono state chiuse e così facendo si è formata una sorta di barriera invalicabile tra il Mediterraneo e il resto del Vecchio Continente, quasi fossero entità separate. Non lo sono.

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La cultura di acqua salata e quella di acqua dolce sono parte della stessa storia mediterranea: la forma delle barche, gli armi, le tecniche di costruzione sono lì a raccontarcelo ma purtroppo pochi sanno leggere le tracce della Storia conservate negli oggetti. I relatori del convegno varesino, attraverso i racconti di restauri, di viaggi, di manufatti, di musei le hanno evidenziate e, così facendo, hanno tracciato delle rotte convergenti tra mare e acque interne.

Chi si occupa di patrimonio nautico e cultura marinara spesso lamenta la difficolta di farsi capire dalla "gente di terra". Il pubblico e i decisori (politici o amministratori) faticano a capire la necessità di salvare le barche storiche, le memorie marinare e via elencando.  È vero: la separazione tra terra e mare c'è. Inutile negarlo. Ma da Varese arriva un'indicazione che non bisogna fare cadere: riconnettere la cultura del mare alla terra è possibile se si utilizzano le vie d'acqua, fiumi, canali e laghi. Via culturali oltre che di navigazione.  Prendete una carta dell'Italia e provate a guardare la rete delle acque interne: da lì può passare una nuova coscienza della storia e dell'identità del Mediterraneo e anche una nuova coscienza ambientale. Se smettiamo di pensare che la salvaguardia del mare e della sua cultura siano solo un problema delle popolazioni costiere faremo grandi passi avanti.

Grazie quindi a chi ha organizzato il convegno, i soci Avev, il presidente Alessandro Corti e il direttore Paolo Sivelli, piacentino, marinaio laghé (del lago) e di mare nonché soi-disant "gatto di fiume" : con il loro lavoro hanno dato a tutti molti spunti di riflessione.

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(foto Paolo Maccione)

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